Paralimpiadi, da Londra 2012 ritornano i disabili intellettivi
L’assemblea generale dell’Ipc riapre le competizioni paralimpiche ai disabili intellettivi e relazionali, esclusi dopo un grave episodio accaduto a Sydney 2000. Luca Pancalli: “Una notizia attesa e davvero auspicata: la Paralimpiade diventa davvero universale”
ROMA – E’ arrivata la notizia che tutto il mondo della disabilità intellettivo-relazionale aspettava: a Kuala Lumpur, dove si è tenuta nei giorni scorsi l’Assemblea Generale dell’International Paralympic Commettee, è stata votata la riammissione alle competizioni IPC, e quindi anche ai Giochi Paralimpici, degli atleti disabili intellettivi e relazionali. A Londra 2012, dunque, dopo oltre 10 anni di esilio coatto, gli atleti DIR faranno di nuovo parte della scena agonistica.
Questa categoria, infatti, aveva fatto il suo debutto ad Atlanta 1996, poi, all’edizione successiva di Sydney 2000, era venuto alla luce un grave scandalo. Era accaduto che un reporter spagnolo, normodotato, si era mimetizzato all’interno della Delegazione del suo Paese, fingendosi disabile e gareggiando regolarmente. Scopo del giornalista era denunciare, e dimostrare, come i controlli dei medici sulle classificazioni funzionali degli atleti fossero praticamente nulli, e che chiunque avrebbe potuto fingersi atleta e gareggiare. Lo scoop fu clamoroso, e costò l’allontanamento di tutti gli atleti DIR non solo dalle Paralimpiadi, ma anche da tutte le competizioni sanzionate dall’IPC, in attesa che fossero appurate le responsabilità e riorganizzato l’intero sistema di classificazione. Adesso, la svolta che tutti aspettavano.
“Questa era una notizia attesa e davvero auspicata – ha dichiarato il Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli – : non nascondo di aver lavorato in questa direzione, come moltissimi altri Paesi, che da tempo facevano pressioni in tal senso. Attraverso questa strada la Paralimpiade diventa davvero universale”. Quanto al livello tecnico degli atleti azzurri, tiene a precisare Pancalli: “Il nostro Movimento Paralimpico non si farà impreparato, anche se ancora non conosciamo le discipline che saranno in programma, per le quali l’IPC si riserva di pronunciarsi entro la fine del prossimo anno. Certo è che siamo competitivi in diversi sport: canottaggio, basti ricordare l’argento dei disabili intellettivi agli ultimi Mondiali di Poznam, ma anche nel nuoto, nel tennis. E nello sci alpino”. Ma c’è un’altra questione in ballo, continua il Presidente: “A parte l’aspetto tecnico dell’individuazione delle discipline, c’è quello delle classificazioni e certificazioni del disagio intellettivo, per il quale, tuttavia, è già stato fatto un grande lavoro da parte dell’INAS-FID (International Sport Federation for Person with Intellectual disability). Diversi aspetti vanno approfonditi: sicuramente a Sydney l’intero movimento paralimpico non ha fatto una bella figura”. E ancora: “Quanto alla serietà delle classificazioni, anche sotto il profilo della disabilità fisica, ci sono e ci saranno sempre conflittualità: ad esempio i recenti accorpamenti di categorie decisi dall’IPC a vantaggio della spettacolarizzazione della performance sportiva, ma a discapito delle disabilità più gravi, come è successo ad Alvise De Vidi, la cui categoria è stata di fatto esclusa dalle competizioni, rischia di creare disabilità di serie a e di serie b, una ghettizzazione dentro la ghettizzazione. Ecco perché occorre ragionare se questo sia un percorso corretto o meno, avere un confronto chiaro per capire in quale direzione si sta andando”.
La questione degli accorpamenti di categorie, determinata da esigenze di immagine, essenzialmente, di vendita dei diritti televisivi dei grandi eventi, “è una linea politica – continua Pancalli – che, indubbiamente, ha pagato in termini di crescita del movimento, di volume di interesse, e di questo va reso merito al Presidente dell’IPC Phil Craven e all’Esecutivo, ma è certo che il Paralimpismo non può tradire la sua mission, che è quella di dare un’opportunità a tutti, senza esclusioni. Anche se viviamo in un mondo dominato dall’immagine e dai media, questo non può fare la regola e la differenza”. (a cura del Cip)
(27 novembre 2009)